lunedì 12 marzo 2012

Vecchio polpaccio glabro e macilento,
Che un dì fosti lanoso, irsuto e forte,
Or mi trascini fiacco, ora sei spento.

Un tempo mi portavi fino a Orte,
Che com’è noto sta vicino a Roma,
Or mi conduci massimo a La Corte.

Davvero l’epica fierezza è doma
Spezzata a terra come morto gatto
Ed assomigli sempre più a un rizoma?

Claudico lento, sembro quasi un matto
Che vaga per le vie, che va ramengo
Senza una meta; dai, facciamo un patto:

Che più mai incederem con passo mengo,
Quello che sul polpaccio il peso poggia,
Ad aggravare il mal che già io tengo.

Nessuno mi vedrà da Cuneo a Foggia,
mai più portar calzon sopra il ginocchio,
ma solo pantalon d'antica foggia

E se al tuo vello fa bene il finocchio,
Sia pur per rimirare solo un pelo,
Ne mangerò fin ch'escan fuor dell'occhio

(aggiungi qui: rime esterne con pelo, interna libera)

1 commento:

  1. Se nella lingua di Dante e Petrarca
    Canto del mio polpaccio macilento
    Che tenta il balzo per salire in barca

    E.

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